Oggi vi proponiamo sul nostro blog un’intervista al pediatra Giuseppe Cirillo, membro dell’Associazione Culturale Pediatri e collaboratore di Pianoterra da diversi anni. Con il dott. Cirillo abbiamo parlato di un argomento che sta alla base di tutti gli interventi che mettiamo in campo ogni giorno, ossia l’importanza della prevenzione e dell’intervento precoce quando si parla di salute dei più piccoli.
Buona lettura!
Dott. Cirillo, come si potrebbe definire un bambino sano?
Un bambino sano è un bambino che non ha problemi né dal punto di vista fisico né da quello dello sviluppo psichico, e che sta costruendo bene la sua salute futura. La salute da bambini influenza moltissimo la salute da adulti, perciò investire su questo significa anche investire per quando saranno grandi.
Quali sono i fattori che più mettono a rischio la salute di un bambino o che compromettono una crescita sana?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo adottare un approccio alla salute relativamente complesso, come il modello biopsicosociale sostenuto dall‘Organizzazione mondiale della sanità, che tiene nel debito conto i determinanti “distali” della salute (reddito, posizione lavorativa ecc.), che a loro volta influenzano i determinanti “prossimali” (comportamenti, abitudini, stili di vita ecc.). Da questo punto di vista, una condizione sociale difficile dei genitori può essere un fattore di rischio per la salute dei bambini. Anche se le condizioni sociali di un bambino migliorassero nel corso della vita, la sua salute da adulto sarà fortemente influenzata da quello che è gli successo nei primi “mille giorni” di vita.
È possibile disinnescare i fattori di rischio di tipo sociale, o almeno limitarne l’impatto?
È difficile implementare il modello biopsicosociale in Italia, specialmente nel centro-sud, perché il sistema sanitario è organizzato per prestazioni e non per prese in carico, e quindi procede con interventi puntiformi che, soprattutto nelle situazioni di difficoltà sociale, sono assolutamente insufficienti. Il sistema sanitario aspetta che le persone arrivino quando hanno bisogno, selezionando di fatto quelle più consapevoli dei loro problemi. Ma se si organizzasse in modo attivo, andando a cercare le persone dove è sicuro di trovarle (per esempio nei reparti maternità) e trasformando le occasioni di contatto in occasioni di accoglienza e prevenzione, le diseguaglianze in materia di salute diminuirebbero.
Quali sono le peculiarità di Pianoterra nell’ambito della prevenzione e della salute dei bambini?
L’associazione privilegia due elementi molto importanti: la relazione e l’autonomia. Senza relazione l’accoglienza non ha senso, e puntare all’autonomia delle persone significa informarle, farle confrontare anche tra loro. Questi due elementi riducono la dipendenza dai servizi nella gestione della salute, anche quella dei bambini. Inoltre Pianoterra lavora proprio sui “mille giorni”. Di fatto in Italia non esiste (o è scarsissima) la presa in carico della gravidanza “normale” da parte del servizio sanitario pubblico: basti pensare allo stato in cui versano i consultori – e comunque le donne che vanno al consultorio sono quelle più informate, non quelle più a rischio. Ci sono donne, soprattutto immigrate, che vedono per la prima volta il ginecologo al momento del parto. Intercettare queste donne non è facile, ma si può fare. Pianoterra lo fa, anche se in piccolo, e il suo approccio andrebbe esteso il più possibile.
Come trasformare l’ambulatorio da luogo in cui si va quando c’è un problema a luogo di prevenzione?
Gli incontri con il pediatra organizzati a Pianoterra sono un buon esempio. Le mamme portano i bambini quando c’è un problema, e in questo si avvicinano a un ambulatorio clinico, ma sono inseriti in un sistema di accoglienza che ha un approccio integrato ai problemi delle persone. I bambini che visitiamo hanno già il pediatra di famiglia, perciò questi incontri hanno piuttosto una funzione di consulenza e, come altre attività di orientamento e accompagnamento di Pianoterra, di sostegno nell’accesso ai servizi. Purtroppo per chi si trova condizioni sociali difficili è complicato anche accedere ai servizi: è un fatto gravissimo, e noi cerchiamo sostenere i bambini che scontano questa difficoltà.
Quest’intervista è stata pubblicata sul nostro bilancio di missione “Dieci anni di Pianoterra”. Qui potete scaricare la pubblicazione integrale.