L’amicizia di cui vogliamo raccontare nasce tra le quattro mura del Centro Educativo Sanità e prende forma in particolare durante il laboratorio calcistico. Andrea e Gianmarco li conosciamo da qualche anno: erano due dei tanti bambini del quartiere, che si sono avvicinati al Centro Educativo e hanno iniziato a frequentarlo regolarmente. Li abbiamo visti crescere e cambiare, in un primo momento ciascuno per conto proprio, poi anche nella loro preziosa amicizia. Entrambi hanno dovuto affrontare un dramma troppo grande per il loro piccolo cuore: la perdita di un genitore. Entrambi molto sensibili, eppure così diversi tra loro: uno che di fronte alle difficoltà mostra rabbia e frustrazione, l’altro che si nasconde dietro la maschera dell’ipocondria. Aspetti della loro personalità forti e schiaccianti, che mettono in ombra il resto e li lasciano con la paura di uscire allo scoperto, di mostrarsi nella loro spontanea essenza, a vivere in silenzio i loro giorni a scuola e al Centro.
Poi però giorno dopo giorno, di laboratorio in laboratorio, Andrea e Gianmarco si sono scelti, si sono avvicinati l’uno all’altro quasi avvertendo un’affinità, una sorta di melodia familiare dovuta forse anche alla condivisione di esperienze difficili. Il loro punto d’incontro è stata l’immensa passione per il Napoli e il gioco del calcio in generale. Quando il contesto in cui si vive offre poco, dare spazio alle proprie passioni, anche una semplice e immediata come il calcio, può non essere semplice. La passione di Andrea e Gianmarco ha avuto però il merito di offrirci uno spunto prezioso per intervenire sulla programmazione del nostro Centro Educativo, nello spirito di una costante e vigile attenzione alle esigenze e ai desideri dei bambini e dei ragazzi che seguiamo. Con un laboratorio di calcetto, di per sé semplice ma ricco di potenziale educativo, siamo riusciti a spianare la strada all’incontro e alla relazione tra giovani appassionati di sport. Perché in fondo a incontrarsi sono sempre persone spinte le une verso le altre da inclinazioni e passioni simili, che le portano a prendere e a donare reciprocamente. E così, per Andrea e Gianmarco è stato un attimo passare dalla collezione di figurine al panino con l’hamburger in piazza il sabato pomeriggio.
Andrea, classe 2008, timido e insicuro nella vita, grintoso e determinato in campo. Gianmarco, classe 2007, generoso e impacciato nella vita, tecnico e sgusciante in campo.
Andrea gioca nelle retrovie e Gianmarco a centrocampo.
Andrea difende, Gianmarco attacca.
Due facce della stessa medaglia, con la stessa maglia, che li rende fratelli e amici.
Se l’attaccante avversario supera Andrea, Gianmarco è il primo a rincuorarlo. Se Gianmarco perde palla, Andrea è il primo a cercare di recuperarla.
Lì dove finisce l’uno comincia l’altro. Sui campi polverosi del Rione Sanità come nella quotidianità. Come quando il campo di gioco si fa scuola, casa, famiglia. Come quando lo sport si fa metafora di vita. Una vita, per entrambi, segnata dalla mancanza di punti di riferimento, di figure essenziali per l’esistenza di un bambino, di un adolescente e persino di un adulto. Quando questo viene a mancare, quando ogni giorno devi farti spazio a gomitate in una realtà che ti vede diverso, quando ti senti solo, allora la presenza di un amico simile, ma diverso da te, è un enorme punto di forza.
E l’adolescenza, si sa, è l’età in cui si costruiscono relazioni intense ed esclusive, gli anni in cui si fa tutto insieme, in cui ci si imita per acquisire quella sicurezza che ci manca. Gli anni in cui l’amicizia è stare insieme senza uno scopo preciso, è una scoperta che si dilata e si estende dal passato al futuro, assumendo la forma di un progetto duraturo. Quel tipo di relazione che ci permette di interrogarci e capire chi siamo e che ci accompagna nella costruzione della nostra identità.
Così, accompagnata dal sostegno di noi educatori, la relazione tra questi due ragazzi è diventata giorno dopo giorno più solida e concreta, fatta di studio condiviso, aiuti in matematica, suggerimenti in inglese, considerazioni sui calciatori e tanto altro. Oggi guardiamo i due amici tenersi compagnia e darsi man forte in un modo tutto loro, in una dimensione inaccessibile a tutti gli altri, soprattutto a noi adulti. Si incontrano in quella zona di penombra che si anima di luce solo quando lo sguardo sincero dell’uno sa contemplare il volto dell’altro in trasparenza, scoprendovi sfumature e tratti appena accennati che a molti sfuggono. Si incontrano là dove il senso più autentico si apre, nel punto in cui la miriade di interessi e di attitudini si traduce nella sincerità di una pacca sulla spalla.
Ed è proprio questo uno degli obiettivi a cui punta il nostro lavoro di educatori: partire da percorsi educativi e ludici per arrivare alla costruzione di relazioni vere e autonome, basate sulla fiducia e sul rispetto. La trasmissione di tali valori, per quanto concreta, è al tempo stesso intangibile, la si percepisce nelle persone e la si fa propria. Bambini e adolescenti, questo noi educatori lo sappiamo bene, sono sempre più capaci di cogliere empaticamente i sentimenti e il mondo interiore degli altri, ancor di più se hanno ogni giorno davanti agli occhi modelli che attribuiscono un grande valore all’amicizia e alla sincerità.
Valorizzare e affinare in ciascun bambino e ragazzo quella sensibilità personale che gli consente di accogliere consapevolmente l’altro così com’è è uno dei compiti a cui siamo chiamati. In tal senso, il nostro ruolo di guide, di educatori, risiede anche nel custodire e nutrire il valore dello spazio sociale ed educativo come ambito di costruzione, di effettiva partecipazione dei ragazzi al bene comune e alla ricerca dentro di sé di quel potenziale di benevolenza, solidarietà, fraternità e amicizia, di conoscenza di sé stessi per imparare a riconoscere chi è simile.
Lo psicologo Piaget ha attribuito, nella sua teoria costruttivista, un grande valore al binomio struttura cognitiva-esperienza interpersonale: il bambino scopre nel rapporto interpersonale con i coetanei le capacità, i desideri e i valori degli altri, li introietta e li rielabora aprendo così la strada a una comprensione delle relazioni sempre più articolata e accurata. Anche da qui la fondamentale importanza di luoghi per educare come il Centro Educativo di Pianoterra alla Sanità, dove si lavora per creare spazi protetti e ricchi di stimoli e si favorisce l’incontro tra i ragazzi, insegnando loro ad accogliere lo sguardo dell’altro con leggerezza, a tendergli la mano per camminare insieme, per correre e costruire in maniera condivisa quell’azione che magari non porterà al goal, ma avrà disegnato un sorriso sincero sul volto di un amico.