Ogni anno, in tutto il mondo nascono circa 15 milioni di neonati prematuri, ovvero il 10% di tutte le nascite. Si tratta di bambini venuti al mondo prima della 37° settimana di gestazione o a termine ma basso peso corporeo, e che hanno bisogno fin dai primi istanti di vita di terapie intensive neonatali specifiche per le loro esigenze.
Questo dato medio cresce con l’aumentare delle gravidanze a rischio e, purtroppo, il coronavirus si è rivelato essere un rilevante fattore di rischio per le partorienti. Come emerge da un monitoraggio condotto dalla SIN – Società Italiana di Neonatologia sin dai primi mesi di emergenza pandemica, tra le donne positive al Covid-19 la percentuale di parti prematuri è risultata essere doppia rispetto alla media (19,7%).
Proprio da questo dato vorremmo partire oggi 17 novembre, data in cui ricorre la Giornata Mondiale dei Prematuri, per approfondire l’impatto che la pandemia in corso ha avuto sull’accudimento dei neonati nati pretermine durante il periodo trascorso in Terapia Intensiva Neonatale (TIN).
I neonati prematuri richiedono cure speciali capaci di garantire loro non solo le migliori condizioni necessarie a un regolare sviluppo di organi e apparati, ma anche un’adeguata crescita dal punto di vista psico-relazionale. È quindi fondamentale poter garantire l’accesso h24 dei genitori nei reparti di TIN: la mamma e il papà non possono essere considerati semplici visitatori in orari prestabiliti, ma protagonisti attivi nella cura dei loro figli, i più importanti facilitatori e co-regolatori del loro sviluppo.
La connessione fisica ed emozionale che si crea attraverso gli sguardi, i sorrisi, la voce, il contatto fisico riduce i livelli di stress, aumenta la protezione neurobiologica e promuove le competenze di autoregolazione del neonato. Il contatto pelle a pelle e l’allattamento al seno materno sono poi momenti essenziali per promuovere un sano sviluppo neuro-comportamentale. E’ per questo che ogni bambino prematuro ha il diritto di beneficiare della presenza dei propri genitori in TIN.
All’inizio dell’attuale pandemia da Covid-19, la SIN si è attivata affinché si continuasse a garantire la partecipazione dei genitori alla cura dei loro piccoli prescrivendo, al tempo stesso, l’adozione di regole nuove da seguire: l’ingresso di un solo genitore alla volta per evitare sovraffollamento, l’utilizzo di mascherine, la corretta igiene delle mani, il triage e la check-list sulle condizioni di salute di genitori e del nucleo familiare.
Purtroppo il sopraggiungere di questa seconda ondata epidemica ha fortemente limitato alcune abitudini che si erano andate consolidando in questi mesi nelle TIN: si è ridotta drasticamente la possibilità di ingresso ai genitori sino ad arrivare, in alcuni centri, a un divieto assoluto di accesso e di compartecipazione alle attività di cura.
Oggi il nostro paese sta combattendo una difficile battaglia sanitaria, in cui le terapie intensive sono la prima linea del fronte. Per questo tutti noi, assieme alle mamme e i papà di bambini nati prematuri o a rischio dell’ospedale Cardarelli, siamo vicini e grati al personale medico e paramedico di questi reparti.
Ci auguriamo, assieme alla comunità medica e scientifica, di superare al più presto questa emergenza e le restrizioni imposte per limitare la diffusione del covid-19, perché sappiamo la presenza dei genitori nei reparti di TIN è vitale per i neonati prematuri e pertanto non può non essere garantita, anche nel pieno dell’emergenza.
Vi lasciamo con le commoventi parole dei genitori di una bimba ricoverata per quasi un mese in TIN, raccolte dalle nostre operatrici dello sportello Fiocchi in ospedale al Cardarelli, a testimonianza delle difficoltà vissute dalle tante famiglie con bambini nati prematuri che abbiamo incontrato e supportato in questo periodo:
Siamo felicissimi, ci racconta il papà, perché finalmente abbiamo portato Carola a casa con noi, dopo aver vissuto un triplo distacco: quello di coppia, poiché non sono potuto stare accanto a mia moglie, quello della nascita, poiché la mia bambina è stata portata via a mia moglie frettolosamente, e quello legato alla prematurità della nostra piccola, a causa della quale siamo stati 28 giorni senza poterla toccare e accontentandoci di vederla crescere attraverso un display. Ora siamo a casa e siamo felici, ma la nostra felicità è in parte contaminata dalla paura, dallo stress di questi giorni, dal pensiero per gli altri neonati ancora lì ricoverati e per i loro genitori, da tutte le domande alle quali non sappiamo ancora dare risposta. Una su tutte: riusciremo a proteggerla da questo mostro, dal virus?».
E la mamma aggiunge: Ora tutti e tre siamo a casa, ma la situazione è davvero straordinaria, a tratti pesante. Vorrei portare Carola a fare una passeggiata, vorrei farle conoscere il tepore dei raggi del sole, vorrei festeggiare con le nostre famiglie, ma non si può. Allora quando esco di casa per comprare i pannolini o per fare un po’ di spesa, solo allora mi permetto di piangere, di non sentirmi stupida per il rammarico di quei primi momenti/giorni che nessuno potrà restituirci e per questo presente che non ci garantisce certezza alcuna. Ma quando faccio ritorno a casa, dopo la commissione di turno, porto loro tutta la positività di cui sono capace.