La maternità è un momento bellissimo e delicato allo stesso tempo.
Per consentire ai futuri genitori di vivere con più serenità questo cambiamento così importante nella vita di una coppia, abbiamo ideato We Can: percorsi di accompagnamento alla nascita e sostegno alla genitorialità per famiglie in condizione di vulnerabilità. Il progetto, incluso nel Programma 1000 Giorni e realizzato grazie ai fondi 8×1000 della Tavola Valdese, è stato avviato a gennaio del 2020 con l’obiettivo di migliorare la salute materno-infantile facilitando l’accesso e la fruizione delle cure primarie per le famiglie più fragili a partire dalla offerta di spazi in cui confrontarsi, condividere emozioni e perplessità, trovare informazioni, conoscere esperti e creare legami.
Se non fosse che agli inizi di marzo l’epidemia provoca dal virus SARS-CoV-2 si è materializzata in modo drammatico nella quotidianità di molti paesi, compreso il nostro, uno dei più colpiti. Anche noi, come tanti altri enti, siamo stati costretti a sospendere i servizi in presenza per le famiglie nelle nostre diverse sedi operative, ma non per questo è venuto meno l’impegno ad accompagnare, anche se da remoto, le famiglie prese in carico.
Limitazioni o interruzioni nell’erogazione di prestazioni previste dal nostro sistema sanitario nazionale; informazioni confuse sugli effetti del Covid-19 sulla salute di donne in gravidanza, neo-mamme e neonati; effetti delle misure di distanziamento sociale su neo-mamme già a rischio di isolamento; professionisti e servizi totalmente assorbiti dalle azioni necessarie a contrastare l’emergenza Covid-19: ecco in sintesi le principali criticità che le nostre operatrici hanno rilevato continuando a seguire e a orientare a distanza le donne che partecipano al nostro progetto.
Annullati gli incontri di gruppo e sospesi i servizi diretti, abbiamo lavorato sin dalle prime ore di lockdown per non interrompere l’erogazione dei servizi e rispondere concretamente e tempestivamente a tutte le future e neomamme prese in carico con il progetto. Abbiamo modificato le ordinarie modalità di intervento, potenziando gli strumenti di comunicazione a distanza con adulti e minori, ma anche e soprattutto con i vari stakeholder per far fronte ai nuovi bisogni nati da questa emergenza. Il tentativo è stato quello di rispondere ai bisogni immediati dei nuclei familiari seguiti, impedendo che il necessario distanziamento sociale portasse alla perdita di qualsiasi contatto con chi era più in difficoltà.
Con tutto questo bene in mente, quando il lockdown si è concluso ed è iniziata la cosiddetta “Fase 2“, abbiamo riaperto la sede di Pianoterra riprendendo le attività con indice di rischio più basso previste dal progetto We Can, nel pieno rispetto delle nuove misure di sicurezza: solo incontri e consulenze individuali, niente incontri di gruppo o attività di aggregazione. Le telefonate e le app di messaggistica sono stati anche in questa fase strumenti privilegiati per garantire un costante lavoro di monitoraggio telefonico e l’attività di supporto, orientamento ai servizi e attivazione dei sostegni materiali.
L’emergenza sanitaria infatti si è trasformata immediatamente in emergenza economica per le famiglie più fragili, aggravando condizioni di vita già precarie in particolare di mamme e bambini che vivono in contesti segnati da insicurezza e marginalità. Grazie anche a una campagna di raccolta fondi per affrontare quest’emergenze e all’attivazione di diverse aziende amiche, abbiamo rafforzato gli interventi di sostegno materiale, distribuendo beni di prima necessità alle famiglie sia presso la nostra sede che attraverso le nostre reti territoriali. Lungi dall’essere ostacolata da emergenza e tempi stretti, infatti, la collaborazione con altri stakeholder si è rafforzata ed estesa a enti locali (comuni, centri operativi comunali e Protezione Civile), altri enti non profit, asl, scuole e imprese. In tempo di pandemia abbiamo perciò potuto contare su una piattaforma di valori condivisi molto più solida di quella che potevamo immaginare.
I risultati raggiunti attraverso un lavoro così articolato e in un anno lavorativo sicuramente molto difficile sono soddisfacenti anche in termini numerici: 125 genitori hanno partecipato alle nostre attività e usufruito dei nostri servizi e 40 nuove famiglie sono state prese in carico. Abbiamo inoltre sensibilizzato ai temi del progetto 180 persone, tra cui 70 operatori (personale ospedaliero, personale asl, operatori del terzo settore, rappresentanti di imprese, ecc.).