Nel Decreto Sostegni, varato dal governo ormai più di un mese fa e contenente una serie di provvedimenti per accompagnare il paese verso una possibile ripresa post-emergenza, e nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato la scorsa settimana in parlamento alla scuola sembra essere stata riconosciuta un’importanza strategica nel breve ma soprattutto nel lungo periodo. Siamo alla vigilia della seconda estate che bambini, bambine e adolescenti si troveranno a vivere in pandemia, dopo un altro anno scolastico segnato da interruzioni, quarantene, didattica a distanza e assenza di socialità. In questo anno è stato fortissimo l’impulso proveniente dal basso alla creazione di sinergie educative tra scuole e terzo settore. Oggi proprio su queste esperienze, preziose soprattutto nelle aree e nei contesti di maggiore fragilità e a più alto rischio di povertà educativa, sembra voler puntare un’idea di recupero e ricostruzione della scuola che dialoghi in modo più strutturato e strategico con il territorio e con gli enti del terzo settore che ormai da anni danno voce e spessore a una comunità educante di cui la scuola è il perno, ma non l’unico attore.
Presso il nostro Centro educativo alla Sanità, a Napoli, abbiamo sperimentato in presa diretta la nascita di un rapporto nuovo e diverso con le scuole del territorio frequentate dai minori che seguiamo, in particolare con il presidio DAD, avviato in autunno per supportare di mattina bambini e bambine con maggiori difficoltà a seguire le lezioni. Abbiamo chiesto ad Alessandro, coordinatore del Centro educativo, di raccontarci del rapporto creatosi tra l’équipe di educatori di Pianoterra e gli insegnanti durante le attività di sostegno alla DAD.
Il nostro presidio è stato molto apprezzato e valorizzato dagli insegnanti perché ha permesso ad alunni particolarmente svantaggiati di seguire con maggiore facilità le attività didattiche, prestando la dovuta attenzione alle lezioni e superando, almeno in parte, il disagio di non essere fisicamente in aula. Particolarmente prezioso è stato valutato dagli insegnanti l’apporto dei nostri educatori nel facilitare il rapporto uno a uno con alunni che rischiavano di restare indietro e che a distanza era più problematico seguire senza perdere l’attenzione del resto della classe. Ecco perché la nostra presenza durante le lezioni non è stata vista come un’invasione di campo, per così dire, ma anzi come una boccata d’ossigeno. Questo clima ha favorito una collaborazione con gli insegnanti che in molti casi, proprio grazie al nostro aiuto, potevano costruire dei percorsi didattici personalizzati per gli alunni che ne avevano più bisogno. Si è perciò costruita un’alleanza più forte e viva, con contatti quasi quotidiani che andavano oltre l’orario delle lezioni che in alcuni casi si è estesa anche alle famiglie. In questi casi i nostri educatori si sono trovati spesso a fare da ponte tra scuola e famiglie, mediando tra possibili difficoltà e diffidenze, per integrare quanto più possibile le azioni educative dedicate a ciascun bambino.
Eppure il nostro Centro educativo, così come molti altri servizi offerti dalla Rete educativa della Sanità, operano sul territorio già da molti anni. È cambiato qualcosa in questi mesi nel modo in cui la scuola ha visto e percepito questo mondo?
Questa collaborazione ci ha inoltre consentito di farci conoscere più in profondità dagli insegnanti e le scuole del territorio, che hanno iniziato a segnalarci e inviarci autonomamente bambini e adolescenti che a loro avviso avrebbero potuto trarre benefici dalle attività di doposcuola o laboratoriali che offriamo al centro educativo nel pomeriggio. L’incremento dei rapporti con le scuole e gli insegnanti in questo periodo non è stato solo quantitativo – ossia più contatti quotidiani determinati dalla oggettiva “utilità” del servizio che offriamo. Abbiamo avuto la percezione di un miglioramento di questa relazione anche in termini qualitativi: non ci siamo sentiti dei semplici “esecutori” o “aiutanti”, ma veri e propri alleati nella costruzione di interventi educativi condivisi. Un possibile ulteriore salto di qualità potrebbe essere, per il prossimo futuro, la valorizzazione di altre attività che i bambini e i ragazzi svolgono presso il nostro centro educativo.
Chi sono, nel mondo della scuola, gli interlocutori più attenti all’importanza di un rapporto con altri soggetti coinvolti nell’educazione?
Collaboriamo con le scuole, spesso attraverso la mediazione di insegnanti che hanno un ruolo di coordinamento. Quello che proviamo a fare è restituire agli insegnanti delle osservazioni sui bambini e i ragazzi che emergono in contesti non didattici, che possono essere preziosi per avere un quadro di insieme e giungere alla costruzione di azioni il più possibili personalizzate per ciascuno di loro. Ora stiamo interloquendo anche con presidi e dirigenti per progettare le attività estive, a seguito delle nuove disposizioni governative che invitano scuole e centri educativi a sfruttare i mesi estivi di giugno e luglio per recuperare parte di quanto è andato perduto in questo anno di attività didattiche e ricreative intermittenti o a distanza. Naturalmente stiamo valutando la possibilità di co-progettare assieme alle scuole del territorio delle attività estive, senza però trascurare il nostro “tradizionale” campo estivo al centro educativo, quest’anno ancora più importante per garantire ai bambini che abbiamo preso in carico per tutto l’anno una continuità educativa e una socialità con i compagni di questa sorta di “classe alternativa”.
E a proposito di “recupero”: cosa ha davvero senso recuperare, in questo momento?
Sicuramente si può pensare a recuperare in parte delle competenze di base che non sono state sufficientemente consolidate nell’arco di questo accidentato anno scolastico. Ma attenzione: stiamo parlando comunque di estate, perciò pensiamo che la proposta di lezioni frontali vere e proprie sia inadeguata. La chiave ludica è importante – laboratori di lettura, cacce al tesoro con enigmi matematici, ecc. – ma ancora di più è importante dare il giusto peso al bisogno di recuperare la socialità. Il centro estivo già di per sé è un’esperienza di crescita forte e stimolante, che apre nuovi orizzonti: quest’anno lo sarà ancora di più. Abbiamo appena vissuto un anno fuori da qualsiasi ordinarietà: pensare di “recuperare” nozioni e competenze in un mese e mezzo di campo estivo sarebbe pura follia. Concentriamoci piuttosto nell’offrire anche in forma sperimentale ai bambini e ai ragazzi, soprattutto quelli più fragili, degli strumenti cognitivi ed emotivi in più per reggere i colpi di questa lunga emergenza e proseguire un percorso di crescita che non si è affatto interrotto con la chiusura delle aule scolastiche, ma è proseguito per altre vie.
Il rapporto con le scuole è molto complesso. Lo è stato in passato e lo è ancora adesso. In questo momento però il contesto appare favorevole, sicuramente più che in passato: la strada sembrerebbe tracciata per una collaborazione più organica tra scuole e terzo settore.