Da pochi giorni finalmente le operatrici dello sportello Fiocchi in Ospedale al Cardarelli hanno riaperto le porte della loro stanza, al secondo piano del Padiglione F dell’ospedale. Il servizio, parte di un programma nazionale di Save the Children Italia e realizzato all’ospedale Cardarelli da Pianoterra, riprende in presenza dopo più di un anno e mezzo di attività svolte solo a distanza a causa della pandemia. Per il momento saremo presenti solo due giorni al mese, in concomitanza dell’ambulatorio in cui vengono effettuale le prime visite post-dimissione dei neonati che sono stati ricoverati in Terapia Intensiva Neonatale (T.I.N.) o al Nido. Siamo ancora molto lontani da una ripresa “normale”, ma per noi così come per il personale sanitario della T.I.N. l’importante è poter riavviare una modalità di lavoro in presenza per essere al fianco delle famiglie e poter intervenire tempestivamente nei casi più difficili.
Abbiamo ritrovato anche la dott.ssa Maria Gabriella De Luca, direttrice dell’U.O.C. Terapia Intensiva Neonatale del Cardarelli, alla quale abbiamo chiesto di raccontarci del lavoro in ospedale in questo periodo così difficile, in particolare quello con i bambini prematuri.
Iniziamo chiedendole com’è cambiato il lavoro della TIN con i bambini prematuri e con i loro genitori con lo scoppio della pandemia.
Sicuramente la pandemia ci ha posto delle grandi difficoltà. Tra le tante, un più difficile coinvolgimento dei genitori dei piccoli ricoverati. È vero che l’accesso dei visitatori ai degenti è stato a un certo punto totalmente abolito per tutti i reparti, ma nel caso dei neonati prematuri questo ha avuto un impatto diverso. Dobbiamo infatti ricordare che la presenza del genitore in terapia intensiva neonatale è di importanza fondamentale, ha effetti benefici sull’accrescimento e sullo sviluppo neuro-psichico dei neonati prematuri. Il genitore di un neonato prematuro non è considerato un semplice visitatore, ma un care giver, deve essere presente in reparto perché deve prendere parte all’accudimento del neonato, deve rendersi conto di come interagisce, iniziare a dargli il primo biberon, imparare a toccarlo, fargli sentire la voce, tenerlo tra le braccia e al seno… tutto questo è venuto meno durante il lockdown, sono stati mesi difficilissimi per questi piccoli pazienti che non potevano avere accanto i loro genitori. Io ho fatto richiesta di un cellulare aziendale e ogni giorno facevamo una videochiamata con i genitori, durante la quale davo le notizie sul bambino e lo mostravo, rivolgendo lo schermo verso l’incubatrice. A un certo punto, però, i genitori ci hanno chiesto di distinguere i due momenti e avere a parte foto e video dei bambini. Spesso ci rendiamo conto che per i genitori è difficile anche in momenti normali ricevere e comprendere le notizie mediche – per ostacoli di comunicazione, ma anche per ansia o preoccupazione che non fanno essere lucidi. Immaginiamo per questo che dietro questa richiesta ci sia stato, oltre al desiderio di avere qualcosa da poter guardare nel resto del tempo e condividere con nonni, fratellini, ecc. anche una certa frustrazione avvertita durante i colloqui, quando era richiesto loro di dividersi tra la necessità di prestare la massima attenzione alle notizie date dal medico e il desiderio di godersi le immagini del proprio bambino lontano.
Adesso stiamo piano piano riprendendo le visite seguendo le nuove direttive nazionali: il genitore – ancora uno per volta e in orari prestabiliti e scaglionati, per evitare sovraffollamento – può entrare nella TIN previo tampone antigenico rapido (48 ore prima) o molecolare (72 ore prima). Il fatto di consentire l’ingresso in reparto anche con tampone antigenico, più economico del molecolare, cerca invece di eliminare una discriminazione tra chi può permettersi di fare dei tamponi ripetuti e chi è in difficoltà. Abbiamo così finalmente ripreso l’abitudine del colloquio in presenza, importantissimo per le famiglie.
Nel caso di bambini in culletta o in dimissione è prevista invece la possibilità per la mamma di entrare una volta ogni tre ore per allattare e siamo riusciti finalmente a ottenere dalla direzione di poter effettuare noi il tampone a queste mamme, ogni tre giorni, sollevandole dall’onere economico di doverlo fare da sole, particolarmente gravoso soprattutto nei casi di disagio economico.
Proseguendo nella nostra conversazione, chiediamo alla dottoressa cosa dal suo punto di vista è venuto meno con la sospensione delle attività in presenza delle operatrici di Fiocchi in Ospedale nel lavoro quotidiano del reparto.
Sicuramente è venuto meno un ausilio fondamentale per noi, perché l’attività in presenza delle operatrici era di grande supporto. Per me la comunicazione con i pazienti e i genitori è importantissima, cerco di curare personalmente i colloqui quotidiani tutte le volte che posso. Prima della pandemia avevamo l’abitudine di far accomodare i genitori nella mia stanza, dove facevamo il colloquio in presenza delle operatrici di Fiocchi in Ospedale. Questo ci dava la possibilità di identificare insieme i casi che necessitavano di un supporto o i genitori che stavano affrontando delle difficoltà, magari anche di poco conto, ma che erano per loro fonte di ansia e stress, ad esempio con l’allattamento o – nel caso di primi figli – con le prime azioni di accudimento come bagnetto o cambio del pannolino. Alcuni genitori avevano poi difficoltà a comprendere bene i passaggi previsti per il follow-up successivo alle dimissioni, ossia tutti gli esami previsti nelle prime settimane che devono essere prenotati anche in strutture diverse. La presenza quotidiana delle operatrici di Fiocchi in Ospedale ci permetteva quindi di identificare subito i genitori con disagio sociale, difficoltà economiche o psicologiche. Tutto questo è venuto meno, perciò ci siamo dovuti fare noi carico di identificare i genitori che secondo noi potevano aver bisogno di aiuto e passare poi questa notizia alle operatrici che a loro volta si attivavano con telefonate o videochiamate. In questo modo tanti passaggi diventavano più lunghi e faticosi e tante informazioni non venivano rilevate in modo tempestivo.
Chiediamo alla dottoressa di raccontarci di un caso particolare che prima della pandemia sarebbe stato gestito in rete con Fiocchi in Ospedale e che invece non ha potuto usufruire di questo apporto.
Ce ne sarebbero tantissimi! Mi viene in mente il caso di una mamma di due gemelli prematuri. Non era alla prima gravidanza, la signora aveva a casa tre figli tra l’altro grandi. Pur avendo risorse personali notevoli – la signora era una psico-pedagogista – si sentiva ugualmente molto depressa e scoraggiata. Aveva difficoltà nell’allattamento, raccontava di non essere mai riuscita ad allattare i tre figli più grandi, nati a termine, figurarsi se con due gemelli! La signora è crollata, è stata molto male e a quel punto l’abbiamo segnalata alle operatrici di Fiocchi in Ospedale che poi si sono messe in contatto con lei per seguirla. Sicuramente se le operatrici fossero state presenti in reparto questa situazione sarebbe stata gestita diversamente, magari in maniera graduale. Avremmo potuto accompagnare la signora in modo più efficace e magari non sarebbe crollata. Questa però è una storia a lieto fine: la signora alla fine si è ripresa, è persino riuscita ad allattare tutti e due gemelli prematuri e ci ha scritto una bellissima lettera per ringraziarci!
Un caso invece più grave ha riguardato una neonata prematura, trasferita qui a seguito di un’asfissia gravissima. La bambina è sempre stata intubata, reagiva poco, dava poche speranze. Eravamo in pieno lockdown, avevamo enormi difficoltà a far entrare i genitori, che erano ammessi uno alla volta e reagivano a questa terribile esperienza in modi totalmente diversi: la madre più rassegnata a qualsiasi esito, il padre schiacciato dal terrore che la bambina sarebbe potuta sopravvivere ma con gravi danni. Una situazione complicata da gestire, un caso complesso dal punto di vista clinico, assistenziale e psicologico per il quale il supporto delle operatrici di Fiocchi in Ospedale nei colloqui quotidiani sarebbe stata importantissima. Sono casi in cui già in presenza si fa una fatica immane a entrare in connessione con genitori completamente presi dal loro dolore e ai quali è improponibile un sostegno a distanza. Purtroppo alla fine la bambina è deceduta, è stato un caso difficilissimo per noi e naturalmente per questi genitori. La signora ancora mi contatta… cercherò di metterla in contatto comunque con le operatrici di Fiocchi in Ospedale per un sostegno psicologico!
Concludiamo la nostra chiacchierata chiedendo alla dottoressa come immagina questa ripresa del servizio in presenza dello sportello di Fiocchi in Ospedale e quali sono a suo avviso le azioni di supporto a cui occorrerebbe dare priorità.
Chiaramente auspichiamo il rientro delle operatrici di Fiocchi in Ospedale a pieno regime. Purtroppo siamo in presenza della quarta ondata e tutto questo ci pone dei limiti. Dal punto di vista pratico sarebbe importante identificare questo servizio come essenziale per l’azienda ospedaliera e quindi organizzare dei tamponi forniti dall’azienda stessa per le operatrici. Dal punto di vista invece del supporto, sicuramente la priorità non sono tanto le mamme dei bambini prematuri quanto quelle ricoverate nel reparto di Ostetricia, che sono completamente da sole. Magari c’è la mamma che ha avuto un parto cesareo, o quella che è alla prima gravidanza ed è disorientata… il personale infermieristico fa quello che può, ma non avendo un’accompagnatrice vicina (la madre, la suocera, la sorella, un’amica…) queste mamme sono in difficoltà, e avere la possibilità di un supporto da Fiocchi in Ospedale sarebbe prezioso. Speriamo però di poterle avere presto presenti anche qui nella TIN durante i colloqui giornalieri, per poter identificare subito i casi più problematici e bisognosi di essere seguiti.