Ogni pomeriggio i locali del Centro Educativo di Pianoterra nel quartiere Sanità si riempiono di ragazzi e ragazze. Tutti assieme affrontano l’incombenza quotidiana dei compiti nello spazio studio, seguiti dalle educatrici e dagli educatori che li affiancano per fasce di età, e partecipano alle tante attività ricreative ed educative in calendario. Le proposte sono tante, costruite in rete con molte altre associazioni attive sul territorio. Gli appassionati di arte possono immergersi nel mondo della street art, con itinerari nel quartiere per leggere la città con occhi diversi e la realizzazione di un coloratissimo murale nei locali del Centro Educativo – presentato di recente e accompagnato da una scatenata jam session. Chi è affascinato da nuove tecnologie e nuovi media si sta cimentando nella produzione di una vera e propria web radio, a cui affidare un racconto diverso sul quartiere. E per valorizzare sempre più la dimensione del “fare”, usando le mani e la creatività, c’è il laboratorio di sartoria, a cui presto si aggiungerà anche un laboratorio di falegnameria per la costruzione di giochi.
E poi uscite, eventi come il Carnevale sociale da preparare, tornei sportivi…
Tutte attività, queste, che presuppongono la creazione di un gruppo, altri ragazzi e ragazze che, pomeriggio dopo pomeriggio, diventano poco per volta amici. O forse no. A volte capita che il piacere di stare insieme, di collaborare a un progetto, di condividere giochi o passioni sia disturbato da increspature, dinamiche di esclusione, scatti di aggressività, incomprensioni. Molte volte queste increspature sono affrontate e risolte in gruppo; altre è proprio il gruppo ad aver bisogno di cura, di protezione. Ed è giusto prendersi il tempo e lo spazio per parlarne.
In questi momenti diventa importante che alla dimensione del gruppo si affianchi quella individuale: oltre a spazi e tempi vissuti collettivamente, i ragazzi e le ragazze hanno la possibilità di ritagliarsi momenti di confronto individuale con gli educatori e le educatrici, in cui provare a sintonizzarsi sulle proprie emozioni e i propri desideri, sulla propria soggettività all’interno del gruppo e sull’apporto di ciascuno al benessere (o al malessere) del gruppo. A partire da domande aperte – “Come ti vedi nel gruppo?”, “Come ti vedono gli altri?”, “Come vorresti ti vedessero?” – e con l’aiuto di attività pratiche – i racconti per immagini, i disegni – gli educatori offrono ai ragazzi e alle ragazze chiavi di lettura diverse e nuove per la vita di gruppo, condividendo con loro la responsabilità di prendersi cura oltre che di se stessi, anche degli altri.
Sono momenti importanti nella loro eccezionalità, che mettono in pausa il susseguirsi anche frenetico del “fare cose” – i compiti, i laboratori, la partita di basket – e danno spazio all’ascolto di sé, aprendo così anche alla possibilità di ascoltarsi e ascoltare gli altri.