Tra i tanti stereotipi di cui si compone il racconto collettivo sulla gravidanza e sul parto, improntato sempre all’esigenza di farne emergere solo gli aspetti positivi e lasciare in ombra quelli più problematici, c’è l’idea che questa condizione sia un fattore protettivo per la donna rispetto al rischio di subire violenze dal proprio partner. Questo perché, lo abbiamo già detto in altre occasioni, alla gravidanza viene associata immediatamente l’idea di vulnerabilità e, dunque, di bisogno di protezione e cura.
Questo racconto è però smentito dalla realtà, che di tanto in tanto si fa strada anche nella cronaca. È ancora vivissima l’emozione suscitata in tutto il paese per la morte di una giovane donna incinta in provincia di Milano, avvenuta due mesi fa per mano del suo partner. Ma al di là dei singoli casi di cui si occupano per qualche ora o qualche giorno i mezzi di informazione, a parlare chiaro in questo senso sono soprattutto i dati, che sono drammatici. In tutto il mondo, secondo l’OMS, una donna su quattro subisce violenza durante la gravidanza e nel periodo immediatamente successivo al parto. In Italia, l’ISTAT ci dice che il 10% delle donne ha subito violenze dal partner anche durante la gravidanza e, per il 70% di queste, le violenze si sono addirittura aggravate, o comunque non sono diminuite nel periodo della gestazione. Nel 6% dei casi, poi, le violenze sono iniziate proprio con la gravidanza.
Questi dati purtroppo non stupiscono. Anche quando avviene nelle condizioni più serene e ottimali, la gravidanza è di per sé un momento di “crisi”, ossia di grandi cambiamenti che richiedono aggiustamenti e riequilibri all’interno di una coppia: occorre fare spazio a un’altra persona, in tutti i sensi – fisico, psicologico, emotivo, relazionale, finanziario – e questo può generare incomprensioni, tensioni, preoccupazioni, ansia. Contrariamente a un altro stereotipo – purtroppo anche questo duro a morire – in caso di relazioni difficili o problematiche o di situazioni in cui già sono presenti elementi di rischio, l’arrivo di un bambino non “aggiusta le cose”, ma può anzi farle deflagrare.
Si tratta peraltro di un fenomeno ampiamente sottostimato: la condizione di particolare vulnerabilità – sia essa fisica, psico-emotiva, finanziaria – in cui può trovarsi una donna in gravidanza rende ancora più difficile la denuncia e la richiesta di aiuto.
Di queste difficoltà ne fanno esperienza spesso anche le operatrici che seguono nei nostri progetti le donne dalla gravidanza alle prime fasi di vita dei bambini e che in molti casi riescono a intercettare difficoltà di questo tipo solo grazie a un intenso lavoro di costruzione della fiducia e di attenzione a leggere e decifrare segnali che possono essere in alcuni casi davvero impalpabili, in altri confusi o ambigui. Negli ultimi anni abbiamo dedicato progetti specifici al contrasto alla violenza sui minori e di genere e abbiamo intensificato il lavoro di rete con tutte le realtà che sul territorio sono chiamate ad attivarsi per proteggere la diade madre-bambino in casi di violenza e abusi – dai servizi sociali ai centri antiviolenza, dai servizi educativi a quelli sanitari. Questo ci ha consentito di affinare sempre di più la capacità non solo di leggere tra le pieghe di silenzi e sguardi sfuggenti, ma anche di offrire un supporto più puntuale, specifico e tempestivo nel momento in cui le difficoltà emergono e vengono esplicitate.
Nella maggior parte dei casi di abusi e maltrattamenti, poi, non ci troviamo davanti a un’esplosione improvvisa di furia e violenza, ma a un concatenarsi di situazioni ed episodi che magari, se letti in modo opportuno sia dalle vittime che da chi sta loro intorno, potrebbero portare a interventi tempestivi in grado di evitare molte sofferenze.
Per questo, includiamo regolarmente nei nostri progetti e servizi delle attività esplicitamente finalizzate alla prevenzione della violenza di genere, sin dalla gravidanza. Creiamo spazi di ascolto e condivisione per le donne, in cui parlare apertamente di possibili segnali di allarme, anche quelli apparentemente “innocui” (il controllo del cellulare da parte del partner, la dipendenza finanziaria, ecc.); affrontiamo e approfondiamo con le future e neo-mamme anche gli aspetti più oscuri e difficili del periodo della gravidanza e del puerperio; stimoliamo la partecipazione dei futuri e neo-papà ai percorsi di accompagnamento alla nascita; moltiplichiamo le occasioni e i canali di informazione su tutti i modi possibili in cui poter chiedere aiuto; coinvolgiamo i bambini sin da piccoli in attività educative che mettono al centro le emozioni e la capacità di riconoscerle e gestirle, ma anche un modo diverso e paritario di pensare alle relazioni tra generi.
Questo post fa parte della serie “Nessuna madre dovrebbe restare sola“.