Le fragilità di una neo-mamma, ieri e oggi.

3 Maggio 2024

Abbiamo chiesto a Daniela, educatrice perinatale e doula con tanti anni di esperienza alle spalle, di condividere con noi qualche riflessione sulle fragilità delle neo-mamme, ieri e oggi. Ecco cosa ci ha raccontato.

Come tutti gli eventi cruciali della vita, la nascita di un figlio comporta profonde trasformazioni a livello personale e sociale: diventare madri non è solo un’esperienza straordinaria dal punto di vista fisico ed emotivo, ma è anche per una donna un’occasione di cambiamento della propria identità e del proprio ruolo, una soglia oltrepassata la quale non si è più figlie, ma si diventa madri.

Nelle società tradizionali – compresa la nostra, fino a pochi decenni fa – la maternità è considerato un evento naturale e fisiologico. Idealmente la neomamma è accompagnata, accudita e sostenuta durante tutte le fasi della gravidanza, del parto e del puerperio dalle altre donne della famiglia. Questo le garantisce riposo, affetto e la certezza di poter approcciare in serenità la nuova vita. Molte giovani donne, me compresa alla mia prima gravidanza, hanno vissuto la famosa “quarantena” post parto come delle “regine”: pasti preparati da altre, braccia che cullavano il neonato, un viavai di visite e tanti regali. Certo, idealmente. Quello era un mondo molto diverso da quello con cui si confrontano le neo-mamme oggi. Un mondo in cui le donne nella maggior parte dei casi non avevano un’occupazione fuori dalle mura domestiche e formavano delle “comunità al femminile” di legami parentali o amicali in cui l’accudimento dei bambini era spesso condiviso e relegato esclusivamente alla sfera femminile.

Oggi la situazione è molto diversa e per le donne la maternità non è più – giustamente – l’unica sfera di realizzazione e occupazione. Le neo-mamme sono spesso anche donne lavoratrici, la loro età media è più alta e tendono a vivere in famiglie nucleari, in cui l’unico punto di riferimento per avere un supporto senza dover pagare è il compagno. E in un sistema in cui i servizi per la famiglia sono costantemente depotenziati e continuano a essere declinati sull’idea che a prendersi cura di un bambini debba essere solo la madre, anche i padri che, sempre più numerosi, vorrebbero ritagliarsi uno spazio maggiore per gestire la genitorialità e la famiglia assieme alla propria compagna, hanno difficoltà oggettive a farlo.

Ed ecco che le prime settimane a casa dopo il parto, quelle che io ricordo di aver trascorso “da regina”, sono le più dure di tutte: spesso le neo-mamme si sentono sole e sotto pressione, mentalmente e fisicamente. Devono accudire il bambino, ma anche occuparsi della casa e magari anche di altri fratellini e sorelline, e se hanno un lavoro sentono incombere l’ansia di non doversi assentare troppo, di dover rientrare prima possibile “come se nulla fosse”.

 
Ecco, nella mia esperienza di educatrice perinatale posso dire che le fragilità espresse dalle  neo-mamme oggi sono un po’ diverse rispetto a qualche decennio fa. Oggi vedo spesso le madri affannarsi ad inseguire modelli perfetti di accudimento per cercare di garantire il meglio ai propri bambini sia dal punto di vista pratico che educativo. E siccome la perfezione non è di questo mondo, e meno che mai dei genitori, quei modelli finiscono per abbattersi come macigni sulle aspettative delle madri, che si sentono perennemente in difetto, insicure, mai abbastanza.

Questo si traduce in fatica, mentale e fisica, nell’incapacità di ritagliarsi spazi di riposo in cui ricaricarsi, e nella distrazione da quelli che sono i bisogni reali e primari, di mamma e bambino.

Quello che dico spesso alle mamme che seguo oggi è provare a radicarsi nel presente, a rallentare e ad ascoltare il proprio istinto, imparando a fidarsi di se stesse più che di quello che dice un esperto in tv o un’influencer su TikTok.

La genitorialità non è certo tutta rose e fiori, ma riserva tantissime gioie: per coglierle, però, bisogna fare spazio e silenzio, e ascoltarsi di più.

 

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