Il diritto alla salute, come sancito dai trattati internazionali, si estende anche alla “salute sessuale e riproduttiva”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità la definisce non solo come assenza di malattie o infermità all’apparato riproduttivo ma fa riferimento a uno stato complessivo di benessere fisico, mentale e sociale correlato al sistema riproduttivo e alle sue funzioni. Salute riproduttiva vuol dire inoltre essere in grado di condurre una vita sessuale responsabile, soddisfacente e sicura libera da coercizioni, discriminazioni e violenza. Una definizione che, per molti versi, più che descrivere una realtà indica un obiettivo a cui tendere, un percorso che attraversa questioni legate alla parità di genere, all’autonomia delle donne e al loro diritto all’autodeterminazione che è ancora oggi irto di ostacoli.
Con l’inizio della pandemia da Covid-19 le donne in Italia hanno visto emergere numerosi nuovi ostacoli nell’accesso ai servizi socio-sanitari dedicati alla tutela della loro salute in tutte le fasi della vita. La necessità di arginare l’infezione da coronavirus ha infatti travolto tutti i servizi sanitari con chiusure, prestazioni cancellate o rimandate, interventi di telemedicina e protocolli confusi e in continuo aggiornamento. Tutto questo ha avuto, ad esempio, un forte impatto sui tempi del primo accesso ai servizi sanitari per le donne in attesa; un impatto tanto più grave se pensiamo a quanto sia invece importante giungere precocemente alle cure prenatali per prevenire l’insorgenza di problemi per la donna e per il nascituro.
“Il 29 febbraio ho scoperto di aspettare un bambino: una gioia immensa subito velata dalla paura e da un senso di inadeguatezza e di incertezza. Eravamo all’inizio della pandemia e mai avrei immaginato che da quel momento la mia gravidanza, ciò che avevo tanto desiderato, sarebbe diventa il mio incubo. Alla sesta settimana di gravidanza cerco di prendere un appuntamento presso un ambulatorio pubblico e dopo infinite telefonate scopro che, a causa dell’emergenza sanitaria, sono sospese tutte le prestazioni ambulatoriali. Inizio a chiamare studi privati e cliniche e ricevo da tutti la stessa risposta: <<Signora, non sappiamo cosa dirle, aspettiamo che finisca l’emergenza>>. Panico fino ai primi di maggio, quando un privato ha potuto ricevermi nel suo studio e rassicurarmi che tutto stava procedendo nel migliore dei modi: in quella stanza finalmente mi sono sentita una mamma, per la prima volta”
E ancora, la difficoltà di accesso ai consultori e ai servizi per la famiglia ha reso più difficile per i nuclei familiari più fragili – ma non solo – realizzare una pianificazione familiare ponderata, serena e sicura. Non fosse altro che per il rinvio o la cancellazione di visite ginecologiche post-partum durante le quali il medico, oltre a verificare lo stato di salute generale della neomamma e a ripetere gli esami di routine, chiarisce eventuali dubbi sulla ripresa dei rapporti sessuali e parla di contraccezione. L’insicurezza economica e l’aumento della povertà hanno fatto il resto. Per chi vive in condizioni di precarietà socio-economica i principali strumenti di contraccezione sono ancora molto costosi e in molti casi l’arrivo di un bambino prefigura un ulteriore deterioramento di condizioni di vita già precarie.
È sullo sfondo di questo difficile scenario che le nostre operatrici hanno accolto in questo ultimo anno un aumento delle richieste di consulenze individuali o di coppia in materia di contraccezione e pianificazione familiare, ma anche di supporto nell’interruzione volontaria di gravidanze indesiderate.
“A dicembre ho scoperto di attendere il mio terzo bambino. Questo anno io e mio marito abbiamo entrambi perso il lavoro, è stato difficile tirare avanti con due bambini … <<Dove mangiano due ne mangiano pure tre>>, mi rincuorava mia madre. Mi spiace mamma, ma in questi mesi abbiamo fatto i conti con un’altra realtà. Con la morte nel cuore abbiamo dovuto chiedere aiuto, ci sono state offerte informazioni e supporto nella prenotazione della prestazione sanitaria, e qualche settimana dopo ho interrotto la mia gravidanza…”
Oltre all’aumento della povertà, l’isolamento del lockdown e la successiva limitazione degli spostamenti – necessari entrambi per ridurre la diffusione della pandemia – hanno ridotto gli spazi di autonomia per molte donne e hanno portato, purtroppo, a una crescita dei casi di abusi e violenze.
Il lavoro degli ultimi mesi restituisce anche come particolarmente complicata e ulteriore fonte di stress la gestione del momento del parto che la donna deve affrontare da sola, senza poter contare sul supporto del partner o di una persona cara vicina. Inoltre, la limitazione dell’accesso agli ospedali per le doverose misure di contenimento del contagio ha di fatto annullato la possibilità per la futura mamma di avere un contatto con il punto nascita prescelto prima del parto: non solo i percorsi di accompagnamento alla nascita sono stati cancellati o trasferiti in modalità a distanza – con la conseguente perdita della dimensione relazionale di questi incontri – ma sono stati cancellati o fortemente limitati anche i monitoraggi prenatali e, con essi, la possibilità di entrare in contatto con il personale medico che assisterà la futura mamma.
“Il 22 settembre ho dato alla luce mia figlia, la mia più grande gioia, nata in piena notte con parto spontaneo. Nonostante la sua nascita rappresenti tuttora per me e il mio compagno il momento più bello della nostra vita, non posso fare a meno di ammettere con rammarico che questa meravigliosa esperienza è stata inevitabilmente compromessa dall’emergenza Coronavirus. Ho vissuto questo momento in una dolorosa solitudine, sia in ospedale che al rientro a casa. Durante il travaglio mi è stata negata la presenza di mio marito e, nei giorni successivi anche quella di mia madre. Non ho avuto neppure una vicina di letto con cui poter condividere dolori, gioie, dubbi e preoccupazioni.”
Insomma, la pandemia da Covid-19 ci costringe ormai da un anno a fare drammatiche considerazioni su ciò che può e deve essere considerato prioritario in termini di tutela della salute: nella giornata dedicata alla festa della donna ci è sembrato giusto raccontare il punto di vista delle donne con cui lavoriamo, quelle che diventeranno madri o lo sono appena diventate e quelle che scelgono di rimandare questo momento e necessitano di tutti gli strumenti per poter scegliere in autonomia e sicurezza. Dal loro punto di vista, la tutela della salute riproduttiva è una grande priorità.