Abbiamo conosciuto Carmela e suo marito Antonio nel mese di agosto 2019. Carmela aveva sentito parlare da alcune amiche del nostro hub NEST ed era interessata a iscrivere il suo ultimo figlio, Giuseppe, al servizio educativo e di custodia (SEC) a partire da settembre. Nel corso del primo colloquio lei e Antonio ci raccontano di essere spaventati all’idea del nido. Il piccolo Giuseppe, che all’epoca non aveva ancora compiuto due anni, era da sempre abituato a stare con la famiglia. Ce ne parlano come di un bambino solare, sveglio e “terribile”, capace di attirare su di sé le attenzioni di tutti, pur essendo il più piccolo di casa. La coppia ha infatti altri due figli, la prima ha 15 anni, il secondo 11. L’arrivo di Giuseppe non è stato programmato e, dopo tanti anni dall’ultima gravidanza, Carmela ci confida di sentirsi “fuori allentamento” e “troppo vecchia” per gestire un bimbo così piccolo e così vivace. Carmela ha sempre lavorato ma da quando è nato Giuseppe si è trovata costretta a restare a casa per occuparsi di lui e degli altri due figli. Antonio lavora stabilmente come cameriere. Non ha un contratto a tempo indeterminato ma si dice tranquillo: a lavoro lo conoscono da tanti anni, si fidano di lui e non lo manderebbero mai via. La condizione economica della famiglia, per quanto non florida, è stabile. Il lavoro di Antonio e i sussidi di cui il nucleo beneficia consentono loro una vita “normale”, senza eccessi e ma anche senza rinunce pesanti.
A settembre inizia il percorso di presa in carico della famiglia: Giuseppe viene inserito al SEC e i genitori frequentano assiduamente l’hub per gli incontri di sostegno alla genitorialità e per i gruppi di parola. Antonio lavora soprattutto di pomeriggio perciò riesce a essere sempre presente insieme alla moglie. È questa la base del patto di reciproco impegno e responsabilità che sancisce l’avvio di qualsiasi presa in carico con l’obiettivo di creare un’alleanza educativa forte tra i nostri operatori e il nucleo familiare. Un impegno che a volte può spaventare chi pensa di non avere risorse sufficienti dentro e intorno a sé. Ecco perché è per noi importante parlarne sin da subito. Abbiamo chiesto a Carmela di raccontarci cosa ha pensato la prima volta che ha sentito parlare di “patto educativo”.
Lo ammetto, quando ne ho sentito parlare la prima volta ho pensato: “Oddio che tipo di impegno mi richiedono? Saprò rispettarlo?” Poi, poco per volta ho capito di cosa si trattava e mi sono sentita rassicurata, iniziando così a partecipare assiduamente alle iniziative per i nostri bambini. Ho sentito e capito che il tipo di educazione che propone NEST è molto diverso da quello a cui ero abituata per i miei figli più grandi. NEST non è semplicemente un posto in cui lasciare il bambino al mattino, ma è una grande famiglia e, come in ogni famiglia, si discute insieme di tutto quello che ci sta a cuore. Nei gruppi di parola ho avuto la possibilità di imparare tante cose, nonostante fossi già “esperta” avendo altri figli. In questo modo ho avuto la possibilità di spiegarmi alcuni comportamenti di Giuseppe e ho ricevuto consigli utilissimi per la sua educazione e per il suo benessere. Non so come avrei fatto diversamente!
Obiettivo del patto tra educatori e genitori è la creazione di un ambiente di fiducia e ascolto in cui diventa possibile parlare e confrontarsi apertamente e senza timori, perché consapevoli che l’obiettivo comune è il bene del bambino. Questo è fondamentale, prima ancora di passare alle richieste e agli impegni, come ci racconta anche Carmela.
Con tutto lo staff si è instaurato subito un rapporto di empatia: mi fido, perché ho davanti persone simpatiche e soprattutto professionali! Insieme parliamo di tutto. Nel nostro gruppo di parola a cui prendevamo parte affrontavamo vari argomenti: le attività ideate per i bambini, il modo di gestire i loro capricci e bisogni così da migliorare il rapporto con loro, la conciliazione tra lavoro e famiglia, la sessualità e così via. La richiesta principale che avevo era ovviamente che NEST fosse un posto sicuro e sereno per il mio bambino. A me veniva invece richiesto di partecipare e collaborare come una sorta di scuola-famiglia, soprattutto nell’interesse del bambino. Dopo un po’ eravamo proprio noi genitori a richiedere questi incontri.
A marzo 2020 la pandemia da Covid-19 e le conseguenti misure di lockdown sconvolgono completamente la vita della famiglia. Da un giorno all’altro il ristorante presso il quale lavora Antonio chiude e solo ai dipendenti regolari spetta la cassa integrazione. Lui, che ha sempre lavorato in nero, resta tagliato fuori. I bonus comunali di cui il nucleo beneficia vengono inizialmente ridotti a causa dell’altissimo numero di richieste. Nel giro di pochissimo tempo le entrate della famiglia praticamente si azzerano. Come moltissime altre famiglie in tutta Italia, anche loro si ritrovano a vivere una situazione completamente nuova, perfino impensabile fino a qualche settimana prima. Ci sono l’affitto da pagare, le utenze domestiche, la spesa alimentare. Qualcosa da parte c’è ma basterà per pochissimo. Carmela è disperata. Durante le telefonate di monitoraggio in pieno lockdown raccogliamo tutto il suo sconforto, la sua rabbia, la sua preoccupazione. Ma anche la sua vergogna. Non sono “abituati” a chiedere aiuto, ci dicono, non l’hanno mai fatto, erano orgogliosi di aver sempre potuto contare sul loro lavoro e sui loro sacrifici per andare avanti. Ma adesso è tutto diverso. Il nostro ruolo, in prima battuta, è stato quello di rassicurare la famiglia. Non c’è nulla di male a chiedere aiuto in un momento di difficoltà.
NEST mi è stato vicino soprattutto nel periodo della pandemi, quando mio marito è stato a lungo fermo con il lavoro e mi sono ritrovata nello sconforto e nella paura più totale. Lo staff di NEST mi ha aiutato economicamente, con bonus e iniziative varie, come una famiglia, anzi di più. Mi sono sentita supportata anche psicologicamente: le telefonate costanti, anche solo per chiedermi come andava e ricordarmi che potevo chiamarli per qualsiasi dubbio sono state importanti, un grande conforto. Ringrazierò sempre le operatrici di NEST perché mi hanno fatto capire che non c’è nulla di male a chiedere aiuto in un momento di difficoltà. Il sostegno materiale di cui ho beneficiato con la mia famiglia è stato diverso semplice “pacco alimentare”. Mi sono sentita aiutata in un momento di difficoltà, ho sentito la mente più libera dall’angoscia e dall’incertezza e, nello stesso tempo, mi sono sentita spronata a essere autonoma, fiduciosa di potercela fare. Credo che questo sia importantissimo per non rischiare di diventare “dipendente” dall’aiuto degli altri.
Allo scoppio dell’emergenza NEST – come tutti gli altri servizi educativi – ha dovuto sospendere le attività in presenza. Sono riprese in parte nei mesi estivi e, seguendo tutte le restrizioni, anche dopo l’estate. Carmela, come moltissime altre persone, era spaventata e confusa, ma è riuscita a mettere al centro, ancora una volta, il benessere dei suoi figli.
Quando si è arrivati alla sospensione delle attività mi è dispiaciuto molto, perché avevo visto mio figlio crescere felice nei mesi in cui aveva frequentato il SEC. Man mano che la situazione si faceva più grave, ho preferito tenere tutti e tre i miei figli a casa, per proteggerli. Ho visto persone care e familiari ammalarsi e anche morire di Covid-19 e a quel punto mi sono un po’ chiusa in me stessa, evitando, anzi rifiutandomi di partecipare a qualsiasi cosa. Ho vissuto con molta paura la ripresa delle attività, con tanti alti e bassi e tanti dubbi: solo ora mi sento più speranzosa e ottimista, mi sforzo di esserlo anche e soprattutto per il bene dei miei figli. E il rapporto con NEST continua ancora oggi, nei gruppi di parola che teniamo regolarmente anche se a distanza. Per me quello del gruppo è un momento fondamentale, una boccata di ossigeno. È sempre bello chiacchierare e confrontarsi con altri genitori, soprattutto adesso che i bambini stanno crescendo e che le loro esigenze sono sempre nuove e sempre più impegnative.