Per inaugurare questo nuovo spazio abbiamo pensato di condividere un testo che i soci fondatori di Pianoterra hanno scritto per la pubblicazione “Dieci anni di Pianoterra. Un bilancio” e intitolato semplicemente “Pianoterra”.
Buona lettura!
Pianoterra
Pianoterra, l’associazione che abbiamo fondato insieme dieci anni fa a Napoli, prende il nome da un libro di Erri De Luca. Abbiamo scelto questo nome perché meglio di ogni altro descrive il nostro approccio: il piano terra è al livello della strada, al livello di chi passa e magari si ferma, spinto dalla curiosità o dal bisogno. È un nome che riflette la nostra prospettiva, quella di uno “sguardo dal basso” che favorisce l’ascolto, il dialogo, la relazione.
Del resto, Pianoterra è nata anche sulla spinta delle relazioni che legano da molto tempo noi tre: due cugine (Alessia e Flaminia), una moglie e un marito (Flaminia e Ciro). Volevamo utilizzare le nostre diverse competenze e la nostra rete di conoscenze e risorse per creare una piccola onlus che potesse realizzare progetti a sostegno delle persone più vulnerabili. Alessia è una fotografa che nei suoi viaggi ha avuto l’opportunità di toccare con mano le conseguenze della povertà e delle diseguaglianze, soprattutto sui bambini. Flaminia e Ciro, invece, hanno una lunga esperienza in ambito riabilitativo, come psicomotricista e psicoterapeuta lei e come logopedista lui: nel loro lavoro si sono spesso trovati a dover “rieducare” bambini che in realtà non avevano nessuna patologia specifica, ma soffrivano le conseguenze di una condizione sociale svantaggiata.
Il punto è molto semplice, benché ancor oggi trascurato: il disagio e la precarietà sociale comportano non solo povertà, ma spesso anche un basso livello di istruzione, problemi di salute, dipendenza, devianza e altre problematiche che tendono a trasmettersi da una generazione all’altra. Riflettendo insieme, abbiamo capito che per spezzare questo circolo vizioso è necessario intervenire alla radice, sostenendo le famiglie più vulnerabili proprio quando nasce un bambino. Così, dopo aver studiato per elaborare un progetto che andasse in questa direzione e che ci permettesse di utilizzare in modo efficace le nostre esperienze, nel 2008 abbiamo fondato Pianoterra.
In fondo, l’associazione è nata per rispondere al nostro desiderio di giustizia sociale. Crediamo nell’uguaglianza tra gli esseri umanie, allo stesso tempo, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze che li attraversano. Pensiamo che la solidarietà, l’accoglienza e l’ascolto siano le risposte più giuste e più efficaci al disagio, alla vulnerabilità e alle diseguaglianze. Confidiamo nel fatto che il cambiamento è possibile, e che spesso ha bisogno soltanto di una piccola spinta iniziale. Sappiamo che il mondo è un insieme di connessioni e interdipendenze; per questo siamo legati al concetto di responsabilità, e grazie a questo abbiamo sperimentato il valore delle relazioni basate sul rispetto e sulla reciprocità.
Sin dall’inizio abbiamo messo al centro del nostro lavoro la diade madre-bambino. Sosteniamo le donne in gravidanza e le neomamme che si trovano in difficoltà a causa delle loro condizioni sociali ed economiche, sia per dare ai loro figli maggiori opportunità di crescere sani, sia per aiutarle ad attivare le risorse necessarie in questa nuova fase della loro vita. Solo così è possibile svolgere quel lavoro di prevenzione che, secondo le ricerche più autorevoli, dà i risultati migliori sotto tutti i punti di vista (compreso quello economico, a medio e a lungo termine).
Il primo progetto di Pianoterra, avviato insieme all’associazione I Diritti Civili nel 2000 – Salvamamme/Salvabebé, è stato Diritto di Poppata, ovvero un sostegno all’allattamento al seno e la distribuzione gratuita di latte formulato a donne che non possono allattare e che non hanno abbastanza soldi per comprarlo, allo scopo di evitare rischi di malnutrizione nei neonati.
In questi dieci anni Pianoterra ha dato vita a molti altri progetti con diversi partner, attivando e talvolta creando delle reti che hanno contribuito a idearli e a realizzarli. Ma, ancora oggi, Diritto di poppata per noi è emblematico, perché racchiude alcuni aspetti fondamentali del nostro approccio. In primo luogo, punta a un coinvolgimento delle istituzioni e alla collaborazione con queste ultime: il latte viene dato soltanto in presenza di un certificato del pediatra che ne attesti la necessità e di una relazione dei servizi sociali che confermi lo stato di grave difficoltà economica del nucleo familiare.
In secondo luogo, c’è un ragionamento sui bisogni e sui loro effetti. L’ansia generata da un bisogno primario urgente – come il latte per il proprio bambino – blocca le energie necessarie per rispondere ad altri bisogni, forse meno urgenti ma altrettanto importanti: per esempio trovare un lavoro, uscire dall’isolamento, imparare la lingua del paese in cui si vive. Dare gratuitamente il latte formulato alla mamma di un bambino che rischia la malnutrizione significa non solo soddisfare quel bisogno, ma anche decomprimere quell’energia e permetterle di attivarsi su altri piani.
Di qui il “patto di reciproco impegno e responsabilità” che Pianoterra stabilisce con le famiglie in tutti i suoi interventi: il bene gratuito in risposta a un bisogno urgente – latte formulato, vestiti, accessori per la prima infanzia e altro – è l’inizio di un percorso personalizzato che, grazie al lavoro specialistico di équipe, punta al rafforzamento delle capacità genitoriali, al recupero della fiducia nelle proprie capacità e competenze e alla riconquista dell’autonomia. È questo il senso dei corsi, dei gruppi e dei laboratori che abbiamo avviato in questi anni: per esempio, i corsi di italiano per straniere come primo passo verso l’integrazione e l’autonomia, i corsi pre-parto e gli incontri dedicati alle mamme e ai papà come strumenti per rafforzare le capacità genitoriali, il salone sociale di estetica come esercizio della cura di sé, il laboratorio di cucito come spazio per stringere nuove relazioni e acquisire nuove competenze. Alla base, c’è sempre l’idea che rispondere a un bisogno urgente non solo abbia valore in sé, ma liberi le energie necessarie per iniziare un percorso all’insegna dell’emancipazione e dell’autonomia.
Un percorso del genere non può essere fatto in solitudine. Un altro caposaldo del nostro lavoro è che qualunque intervento di sostegno, perché sia veramente efficace, debba fondarsi su una relazione. Come ha affermato il direttore della Fondazione Zancan Tiziano Vecchiato, “non posso aiutarti senza di te”. L’esperienza di questi anni ci ha insegnato che soltanto all’interno di una relazione autentica, fondata sull’ascolto e sul rispetto, è possibile attivare in chi ha bisogno di aiuto le risorse per uscire dalla spirale della dipendenza e dell’indigenza. Si tratta spesso di risorse (competenze, capacità, conoscenze) che ci sono già, ma sono state oscurate o neutralizzate dall’ansia del bisogno, dalla marginalità, dall’isolamento. Il “patto di reciproco impegno e responsabilità” è, di fatto, la forma che abbiamo dato alla relazione tra la nostra associazione e le persone che si rivolgono a noi.
C’è un’altra dimensione relazionale che ci sta altrettanto a cuore, quella che in questi anni si è creata anche tra le stesse donne che frequentano Pianoterra: nuove amicizie, piccole reti di solidarietà che scattano quasi da sole, fino a relazioni più strutturate come quelle che le nostre “mamme tutor” instaurano con le nuove arrivate.
Infine, ci sono le relazioni di Pianoterra con altri enti, pubblici e privati, formali e informali. Nel tempo, abbiamo costruito una rete di rapporti e di collaborazioni che include organizzazioni del terzo settore come Save the Children Italia o l’Associazione Culturale Pediatri, strutture pubbliche come ospedali, consultori, servizi sociali, gruppi di volontari che sono sorti sul territorio. Tutto questo ci ha permesso da un lato di articolare il nostro sostegno alle famiglie più vulnerabili in modalità che inizialmente non avevamo neppure immaginato; dall’altro, di diventare interlocutori affidabili anche per le istituzioni.
Oggi Pianoterra ha una sede a Napoli e una a Roma. I nostri interventi si svolgono soprattutto in aree considerate difficili, come il rione napoletano della Sanità e il quartiere romano di Tor Sapienza. Con il progetto Nest, avviato nel 2018, abbiamo esteso la nostra rete anche ad altre città italiane – nello specifico Bari e Milano.
Tracciare un bilancio dei primi dieci anni di attività di Pianoterra significa cucire assieme tante esperienze fatte di sfide e piccole vittorie, problemi e passi avanti, emergenze e nuovi progetti. Senza trionfalismi, perché la realtà è difficile e complessa, ma con la consapevolezza che lo sforzo di capire, l’impegno concreto e la fiducia nelle relazioni basate sul rispetto possono davvero fare la differenza.
(Alessia Bulgari, Ciro Nesci e Flaminia Trapani)