Si dice che quando nasce un bambino nasce anche una mamma. Per questo nel mese dedicato alle mamme condividiamo con voi una riflessione sul momento della nascita e sul suo significato per una donna e per un bambino. A firmarla è Arianna Russo, psicologa e responsabile dell’Area Nascita e Maternità di Pianoterra.
Buona lettura!
La nascita, l’evento con il quale una nuova vita viene al mondo, è al centro dei principali progetti di Pianoterra. È infatti questo il momento decisivo per garantire a bambine e bambini una “partenza felice” e per avviare l’opera di prevenzione che ne sosterrà lo sviluppo e una crescita sana. Ma per il neonato venire al mondo è un compito faticoso da affrontare e da portare avanti, sin dall’evento traumatico del parto. Allo stesso modo, è faticoso il compito dei genitori: prendersi cura del piccolo almeno nei primi anni di vita. Faticoso, ma cruciale.
Questi anni di lavoro a Pianoterra mi hanno infatti confermato che sono gli avvenimenti relazionali e di accudimento, a partire dalla nascita, a consentire ai neonati di sviluppare le capacità necessarie per vivere. Accompagnati dai genitori, nutriti dalla fiducia che questi sapranno trasmettere loro, bambini e bambine saranno in grado di affrontare il processo mediante il quale la dipendenza infantile a poco a poco cederà il passo a un’esistenza più autonoma e consapevole. Imparare a osservare questo incontro relazionale è stato importantissimo nel mio lavoro: spesso, infatti, consapevoli delle conseguenze dell’assenza delle fondamentali funzioni genitoriali, e di quanto queste ultime possano essere influenzate dalle condizioni sociali del nucleo familiare, ci troviamo a intervenire per accompagnare i neogenitori verso l’attivazione di un nuovo e diverso circuito relazionale. Il cammino verso la genitorialità dovrebbe implicare una comunicazione emotiva tra madre e bambino sin dalla vita fetale. Ma a volte, soprattutto quando una situazione di disagio provoca la mancanza di questa consapevolezza, tale comunicazione stenta a emergere.
Per questo cerchiamo di intercettare donne ancora in gravidanza, proponendo loro di partecipare a corsi di accompagnamento alla nascita organizzati sul territorio. Se per qualche ragione non ne hanno la possibilità, proponiamo degli incontri di gruppo “last minute” che hanno l’obiettivo di favorire l’incontro-confronto tra future mamme e accompagnarle, con la guida di un’ostetrica e un’educatrice perinatale, ad affrontare il momento del parto e della nascita del bambino in modo più consapevole. Queste forme di assistenza prenatale hanno l’obiettivo di promuovere la salute delle donne in gravidanza, identificare e trattare eventuali condizioni di stress e favorire la salute del neonato; più in generale, fanno parte di un percorso educativo e di sostegno alle donne, ai partner e alle famiglie, per supportarli nella transizione alla genitorialità e aiutarli a fare scelte informate. Quando è possibile, questo percorso prosegue nei primi giorni del puerperio. È infatti rispondendo adeguatamente ai bisogni del lattante, in un processo di reciproco adattamento e soddisfazione, che una donna “diventa madre”.
Rispetto a questa situazione ottimale, la realtà propone altri scenari, e non sempre la nascita di un bambino rientra in un progetto familiare definito. Per le coppie, le famiglie monoparentali e le mamme-teen che vivono situazioni di svantaggio sociale e di disagio, la gravidanza e la nascita del bambino costituiscono eventi perlopiù agiti fisicamente e non preceduti da una scelta, da un pensiero condiviso: solo l’evento della nascita mette a confronto i neogenitori con l’esistenza di un figlio e con la responsabilità che comporta, responsabilità da cui spesso si sentono oppressi e spaventati.
Spesso anche i figli di donne che in precedenza hanno subito aborti o hanno partorito neonati deceduti in epoca neonatale soffrono la mancanza di un progetto familiare consapevole. In questi casi la nascita del bambino può essere preceduta da periodi di intensa angoscia; il più delle volte la ricerca della nuova gravidanza non è successiva all’elaborazione del precedente lutto, ma è un modo per rimpiazzare il bambino perduto.
Ancora più complessa è la condizione delle madri migranti. La nascita di un figlio pone il nucleo familiare di fronte ad almeno due ordini di problemi: la mancanza della madre della puerpera (e del sistema familiare più allargato) e la diversità culturale dei contesti di cura e di assistenza. Priva della propria rete parentale di supporto, la famiglia del nuovo nato – e in particolare la madre – va facilmente incontro a vissuti di solitudine ed emarginazione. La relazione di cura con le madri migranti ci obbliga a mettere in discussione anche il nostro lavoro nei loro confronti: comprendere a fondo la loro domanda di aiuto non è facile, a causa di problemi sia linguistici, sia culturali; per esempio, occorre confrontarsi con le pratiche e i saperi che spesso queste donne vogliono mettere in atto durante la gravidanza, il parto, l’allattamento, la cura e il contatto fisico con il figlio.
Un altro ambito in cui spesso ci troviamo a intervenire è quello delle nascite pretermine. Per i genitori può essere difficile tollerare l’incubatrice, le cure mediche invasive a cui il neonato prematuro è sottoposto e l’attesa del momento in cui possono finalmente prenderlo tra le proprie braccia. Di qui la necessità di sostenerli e supportarli emotivamente sin dai primi giorni di degenza nel reparto di Terapia intensiva neonatale (Tin).
Nonostante la cornice (familiare, economica, sociale, culturale, medica) all’interno della quale viene generato il neonato sia differente da caso a caso, vi sono però aspetti di carattere emotivo che accomunano i genitori. In effetti, le mamme che incontriamo a Pianoterra esprimono spesso il bisogno di essere aiutate a guardare i loro piccoli, incoraggiate a stabilire con loro un legame unico, intimo, diretto. Sottolineare l’importanza dell’osservazione diretta del piccolo, insieme alla trasmissione di specifiche conoscenze e alla spiegazione del significato dei comportamenti del piccolo, è un modo per evitare che l’angoscia comprometta l’incontro tra genitori e bambino. Il nostro ruolo, dunque, non consiste nell’“insegnare” come bisogna essere o cosa bisogna fare, ma nel cercare di far emergere le capacità dei genitori e nel sostenerle per migliorare le condizioni psicofisiche di sviluppo del bambino.
Oltre a incoraggiare le diverse modalità di contatto con i bambini, il nostro lavoro consiste nel sostenere le mamme anche nella raccolta del proprio latte – un gesto ancora più importante per le madri dei bambini in Tin. Questo tipo di sostegno alla neomamma consente una sorta di addomesticamento di aspetti potenzialmente dirompenti e intrusivi e si traduce in un contatto piacevole che prenderà la forma di una esperienza emotiva ricca e appassionata. Da questo incontro nasce il legame unico tra madre e figlio, ma soprattutto nascono l’amore per la vita, la curiosità e l’interesse per il mondo.
Non si nasce genitori, lo si diventa. E, talvolta, non esattamente nel momento in cui si mette al mondo un figlio. Analogamente, la nascita non è soltanto l’evento con cui materialmente si viene alla luce. Contribuire a una “seconda nascita”, a una nascita simbolica: lavorando come operatrice di Pianoterra può succedere anche questo.
Questo testo è contenuto nel volume “Dieci anni di Pianoterra. Un bilancio”. Potete scaricare la pubblicazione cliccando qui!