L’efficacia degli interventi di accompagnamento alla nascita e alla genitorialità che svolgiamo a Pianoterra – in particolare con il progetto “Luoghi per nascere”, sostenuto dall’Otto per mille alla Chiesa Valdese – è legata a diversi fattori, non ultimo quello di offrire alle mamme, durante gli incontri, la possibilità di affidare i loro piccoli alle cure di persone fidate. A meno che i piccoli non siano ancora in fasce, infatti, le nostre operatrici incoraggiano sempre le mamme a vedere in questi incontri uno spazio giochi tutto loro, da utilizzare per entrare in relazione con altre mamme e confrontarsi con operatrici ed esperti di salute materno-infantile sulle loro esperienze genitoriali.
Ma cosa succede nello spazio giochi di Pianoterra mentre le mamme partecipano agli incontri? Ve lo raccontiamo attraverso le osservazioni di Giorgia, una psicologa volontaria che affianca nello spazio giochi Liliana, psicologa di Pianoterra e referente del servizio.
Arrivo a Pianoterra carica di energia. So già che oggi troverò ad aspettarmi nello spazio giochi due piccoli di quindici mesi, un’età in cui il distacco con la madre è ancora difficile, ma la presenza di Liliana, referente dell’attività, mi rassicura.
Arriva Andy, un piccolo di origine cinese, che si mette subito a giocare con un piccolo registratore di cassa di legno, pronunciando in inglese i numeri. Il distacco dalla mamma è sereno: abbiamo creato una routine secondo cui, al momento di salutarlo con tanto affetto, la mamma lo rassicura dicendo che andrà a lavorare nella stanza accanto e che lui resterà con noi due. Andy si mette a giocare sereno, e la sua mamma sparisce dietro la porta della stanza accanto. Arriva subito dopo Jonathan, un piccolo di origine nigeriana che la mamma ci affida senza andare troppo per il sottile, nonostante le indicazioni che le diamo. Anche se il distacco è meno “morbido”, anche Jonathan inizia subito a giocare.
Il gioco a quindici mesi è finalizzato nel bambino alla continua scoperta, in particolare delle proprietà degli oggetti e dei legami causa-effetto. Il bambino esplora il mondo, lo tocca, lo sente, e al tempo stesso scopre i suoi confini, comincia a misurarsi con le sue paure e a sperimentare i suoi limiti. Per questo è importantissimo in questa fase utilizzare il momento del gioco per infondere fiducia nel bambino, dandogli indicazioni semplici e chiare. È quello che facciamo anche oggi con Andy e Jonathan.
Il primo, oggi particolarmente chiacchierone, continua a ripetere numeri e nomi di forme, sollecitato dai giochi che ha attorno: cerchiamo di capire le sue parole, gliele ripetiamo, gli facciamo capire che quello che dice per noi è importante. Il secondo è invece attratto dalla scivolo: è ancora piccolo, ha delle incertezze nell’avvicinarsi, e il mio istinto è quello di aiutarlo, ma Liliana interviene e riesce a indirizzarlo solo con le parole. Jonathan capisce come salire sullo scivolo e, dopo un primo momento di timore, lascia andare le manine e si lascia scivolare, divertendosi moltissimo.
Poco dopo ci ritroviamo a gestire un momento di “crisi”: Jonathan inizia a lanciare le costruzioni con cui sta giocando Andy e, nonostante l’intervento di Liliana che gli spiega in modo chiaro che no, quella cosa non si fa perché possiamo farci male, lui insiste. Sempre con molta calma, Liliana lo contiene prendendogli le manine e continuando a ribadire l’indicazione: no, non si fa. Questo scatena, come spessissimo accade con i bimbi di quest’età, la reazione frustrata di Jonathan che inizia a piangere. Indica la direzione verso cui ha visto sparire la mamma, ma noi sappiamo che in quel momento a farlo piangere non è l’assenza della mamma, quanto la frustrazione di non poter fare quello che vuole. Proviamo a distrarlo con i giochi, poi lo ignoriamo, lasciandogli il tempo e lo spazio per calmarsi da solo. E puntualmente questo accade, grazie all’aiuto involontario di Andy che inizia a giocare con lo scivolo e con i suoi gridolini di divertimento fa venire voglia di giocare anche al compagno.
L’ora scivola via senza incidenti, in un’alternanza di interazioni finalizzate sempre ad accompagnare i bambini nelle attività tipiche della fase che stanno attraversando, consapevoli del fatto che aiutare un bambino a crescere significa anche mostrare fermezza e con chiarezza insegnargli a riconoscere e gestire limiti e confini. E poi tra pochissimo inizierà la terribile “età del no”, piccole grandi lotte quotidiane e crisi di collera saranno all’ordine del giorno: bimbi e genitori dovranno essere pronti!