Nessuna forza di cambiamento è più potente dell’educazione per promuovere i diritti umani e la dignità della persona, per sradicare la povertà e favorire la sostenibilità, per costruire un futuro migliore per tutti, fondato sull’uguaglianza dei diritti e sulla giustizia sociale, sul rispetto della diversità culturale, sulla solidarietà internazionale e sulla responsabilità condivisa, tutti aspetti fondamentali della nostra comune umanità. (Irina Bokova Direttrice Generale dell’UNESCO).
Parlare di diritti e di educazione significa per molti versi parlare della stessa cosa e proprio il diritto all’educazione è uno dei capisaldi della convenzione delle Nazioni Unite che tutela i diritti dei bambini e degli adolescenti. E’ anche un fondamento essenziale del lavoro che Pianoterra porta avanti fin dall’inizio della sua storia.
Educare ai diritti significa lavorare con le persone che incontriamo ogni giorno, affinché ognuna di esse, adulto o bambino che sia, impari a riconoscersi come soggetto portatore di diritti fondamentali, inviolabili, e sanciti da convenzioni internazionali oltre che dalla nostra Costituzione. Nulla di tutto questo è scontato. Spesso le persone che seguiamo con i nostri progetti non hanno piena consapevolezza dei loro diritti o sono talmente oppresse da difficoltà e sopraffazioni di ogni genere da non riuscire più nemmeno a rendersi conto di quanto subiscono. Le violazioni di diritti fondamentali può addirittura diventare normalità, prassi, consuetudine. Scriveva Rodari “è inutile parlare di libertà a uno schiavo che si crede un uomo libero”. Parole forti, certo, ma non peregrine per chi lavora in contesti davvero difficili.
Questa rassegnazione ha radici lontane e, come molti altri tratti del disagio e della marginalità, tende a riprodursi di generazione in generazione. E’ per questo che è fondamentale contrastarla il prima possibile, integrando l’educazione ai diritti ai percorsi educativi per tutte le fasce di età. Anche per questa ragione, assieme a tantissimi genitori abbiamo vissuto con particolare apprensione l’impatto che l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di covid-19 ha avuto sui percorsi educativi di bambini e ragazzi. Non solo. Queste interruzioni, che purtroppo non sono terminate, hanno violato un diritto fondamentale di bambini e ragazzi, ossia quello all’educazione. Con le scuole hanno chiuso anche importanti spazi di alfabetizzazione civica ed educazione ai diritti di base unici e preziosissimi, soprattutto per chi è più fragile e meno protetto.
In una situazione paradossale e drammatica come quella che stiamo vivendo a restare indietro ed essere esclusi sono infatti proprio bambini e famiglie che già in condizioni “normali” faticano a godere a pieno dei loro diritti. Bambini con genitori senza permessi di soggiorno, privi di tessere sanitarie, o che non dispongono di una connessione internet, di un tablet o un pc, che non possono lavorare e non hanno un contratto che li tuteli, che vivono in abitazioni piccole, non salubri e che magari rischiano di perdere perché indietro con il canone di affitto. Questi bambini sono quelli che per primi spariscono dai radar di scuole e insegnanti, che fanno fatica ad accedere alla didattica a distanza e che restano esclusi da tutto.
Riccardo, 6 anni, a settembre era entusiasta: “quest’anno ho la scuola dei grandi!”. Oggi, due mesi dopo, segue le lezioni avanti ad un tablet dalle 9 alle 12. Le maestre sono bravissime, hanno inventato qualunque cosa per coinvolgere lui e i suoi compagni. Il papà di Riccardo è in smart-working e, tra mille difficoltà, riesce a seguire il figlio, ad accendergli il dispositivo e a intervenire in caso di problemi “tecnici” che non mancano mai. Francesco, 7 anni, è al secondo anno di scuola elementare. Lui la scuola dei grandi l’ha iniziata l’anno scorso, poi il virus l’ha costretto a casa. Francesco ha una diagnosi di ritardo dello sviluppo, segue da diversi anni un percorso di psicomotricità e logopedia. È il primo di 5 fratelli e vive in 40 mq. I suoi genitori si impegnano tantissimo per garantire a lui e agli altri figli ciò di cui hanno bisogno ma è dura: il papà lavora 12 ore al giorno e la mamma, analfabeta, è a casa a gestire “la truppa”. Francesco ha avuto il tablet grazie a una donazione ma la sua connessione fa sempre i capricci, la mamma non è in grado di aiutarlo, non ha una stanza per lui e deve aspettare il papà per fare i compiti, da solo. A settembre ha ricominciato la scuola ma dopo due settimane era nuovamente a casa.
La chiusura degli istituti scolastici non è uguale per tutti, non significa la stessa cosa per tutti. Ogni bambino ha bisogno di andare a scuola, per qualunque bambino la scuola costituisce un’occasione imperdibile di apprendimento e crescita, ma per alcuni la scuola rappresenta anche l’unica possibilità di spazio personale, di tempo di qualità, di attenzione, di costruzione, di futuro.
A Pianoterra, come in tante altre associazioni del territorio, stiamo facendo di tutto per continuare ad offrire attività educative e di accompagnamento ai bambini e alle loro famiglie, barcamenandoci tra limitazioni e nuove regole per adattare la nostra programmazione consueta a questa nuova realtà. Le famiglie sono spaventate: hanno sentito che la scuola è pericolosa e che lo sono anche le attività extrascolastiche e non sono poche quelle che hanno deciso di non mandare comunque i figli a scuola o al centro educativo, anche in caso di riapertura. E’ una violazione della legge, e prima ancora la rinuncia a un diritto, ma vince la paura. Il lavoro degli educatori e degli operatori sociali, in questo delicatissimo momento, è quello di rassicurare le famiglie e, soprattutto, insistere sull’importanza della scuola non solo in termini di istruzione ma come importante occasione di socializzazione, apprendimento e crescita. E ricordare, quasi ossessivamente, che l’educazione è prima di tutto un diritto fondamentale dei loro bambini.